Lui e lei hanno quel destino scritto da altri altre vite fa. E’ l’unica cosa che hanno, o, almeno, e’ l’unica cosa in eredita’. Lei qualche volta gli dice: “Ti amo, ma non puo’ essere tutto qua, qua non c’e’ niente per nessuno: andiamo via, andiamo, dai, andiamo, va”. Lei ha la foto di sua madre, un giorno o l’altro la gurdera’ che cosi’ non vuol diventare che cosi’, giura, mai non sara’. Lui, la foto di suo padre l’ha dentro, impressa a fuoco nell’anima, impressa ad alcool, botte e insulti: “andiamo via, andiamo, dai, andiamo, va”. Salviamoci la pelle che, bella o brutta, e’ quella li’: rendiamola unica. Salviamoci la pelle tu tieni botta e dimmi di si’ che e’ quello che co- e’ quello che co- conta. Lei ha lasciato una letterina: ci ha messo un anno a scriverla. Lui ha lasciato sul comodino due lire che suo padre berra’. Bevono gia’ molto i loro amici: scappano via soltanto cosi’, solo che la mattina dopo son sempre li’, son sempre li’, son sempre li’. Salviamoci la pelle che, bella o brutta, e’ quella li’: rendiamola unica. Salviamoci la pelle! tu tieniti stretta e dimmi di si’ che e’ quello che co- e’ quello che co- conta. “Verso che cosa andiamo?” lei chiede. Lui dice “Beh, questo non si sa, pero’ sappiamo bene cosa non c’era qua”. Poi lei si volta per un momento, guarda quel posto ed accenna un ciao. Lui a quel posto gli sputa contro e spinge sul gas. Salviamoci la pelle che e’ quello che ci resta.
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